Storia di Monica

Storie di affido: la storia di Monica.

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Durante il colloquio individuale che solitamente avviene alla fine del percorso formativo sull’affido, avevo detto subito che ero disponibile ad accogliere ragazze o ragazzi già grandi, ossia vicini alla maggiore età. Le due precedenti esperienze di accoglienza che avevo fatto con un altro progetto, erano state molto positive ed avevo capito che prendermi cura di una persona già abbastanza indipendente, mi lasciava tranquilla e mi faceva sentire utile e capace di accompagnare il loro percorso verso la completa autonomia.

Quando le operatrici dell’Affido Professionale mi hanno chiesto se ero disponibile ad accogliere una ragazzina di quasi quindici anni, ho risposto che era troppo piccola soprattutto per una persona da sola come sono io e quindi non andava bene. Quattordici anni! Mamma mia, piena adolescenza! brufoli, battute stupide, disordine e contestazione, ormoni in libertà e sbalzi di umore… mi rappresentavo il peggio che avviene in quell’età di mezzo in cui sei ma non sei, vuoi ma non puoi e chi ti circonda diventa oggetto/bersaglio delle tue variazioni d’umore incontrollate e improvvise. Brrr, per carità no!

Mi ero anche un po’ risentita con le operatrici perché mi sembrava di essere stata chiara nel delineare la mia offerta di accoglienza. Ne abbiamo parlato un po’, poi ho comunque voluto sapere qualcosa di più di questa proposta: perché avete pensato di farla proprio a me? chi è questa piccola ragazza, dove vive, quale situazione familiare porta con sé? che scuola fa?

E così da queste prime descrizioni ho iniziato a conoscerla e a sentire che un filo si stava dipanando davanti a me. Le operatrici mi hanno detto che erano convinte che io e Monica eravamo compatibili, che non dovevo aver paura di accogliere una ragazzina da sola perché loro erano sicure che ce l’avrei fatta e mi avrebbero sostenuto. Ci ho pensato qualche giorno, risentivo i racconti che mi avevano fatto di Monica, ma soprattutto sentivo che potevo affidarmi alla capacità ed alla professionalità delle operatrici che mi avevano conosciuto durante la formazione e nei colloqui successivi, se loro erano convinte che ce la potevo fare, perché non crederci anch’io e raccogliere quel filo teso di fronte a me?

Così un pomeriggio di aprile eccola che arriva con una grande valigia ed un piccolo vassoio di pasticcini, in un battibaleno ha sistemato le sue cose negli armadi della sua stanza ed ho subito capito che mi ero sbagliata sul disordine… Forse è un caso raro ma lei è molto ordinata, come me del resto e questo è stato un bel punto d’incontro tra noi, ma altri ne abbiamo scoperti successivamente e gradualmente abbiamo conosciuto anche le nostre numerose differenze e distanze nel modo di vivere e vedere il mondo.

Non l’avevo immaginato prima quanta dipendenza si è creata subito tra noi, ogni giorno la osservavo per capire come potevamo intenderci noi due, cosa ci univa e cosa ci differenziava, quanto era capace e autonoma, di cosa aveva bisogno, come stava ora che era lontana dalla sua famiglia. Non smettevo un attimo di pensarla, al lavoro, in metropolitana, mi chiedevo se questo cambiamento non l’avrebbe fatta soffrire troppo. Ogni giorno dopo il lavoro e la scuola pranzavamo insieme, così la vedevo e potevo capire se era di buon umore, mi raccontava cosa aveva fatto nella mattinata, cosa voleva fare nel pomeriggio. Abbiamo passato tantissimo tempo insieme, veniva sempre volentieri a fare la spesa, se andavo a fare qualche commissione mi accompagnava e ogni tanto facevamo un giro nei suoi negozi preferiti.

Sono passati ormai tre anni, abbiamo fatto tanta strada insieme e abbiamo affrontato anche diversi momenti difficili.

Monica aveva legami con coetanei solo attraverso la rete e i social, le sue amicizie non avevano storia, erano un susseguirsi di appuntamenti con sconosciuti, prevalentemente maschi, che incontrava nel centro della città. Per lei erano ‘amici’ perché si erano ‘parlati’ da qualche tempo, ci ho messo un po’ a capire che scambiarsi messaggi attraverso il cellulare significa parlare/conoscersi e che bastano pochi scambi per considerarsi già amici. Raramente tornava da questi incontri serena e soddisfatta e in poche ore iniziava a tessere nuovi contatti per preparare gli incontri della settimana successiva. In questa serrata ricerca di relazioni, ha incontrato anche qualche strano personaggio che mi ha fatto seriamente preoccupare per lei.

Per fortuna io e Monica abbiamo sempre parlato molto e questo mi ha permesso di capire cosa viveva e come stava. In verità più che parlare Monica ascoltava, spesso i nostri discorsi partivano da qualche sintetico racconto che lei buttava lì come se niente fosse sulle cose che accadevano a scuola con le sue compagne sfacciate che trattavano con troppa confidenza o sgarbo gli insegnanti, oppure quando mi raccontava le spacconate che le riferivano i ragazzi con cui si dava appuntamento o quando mi mostrava un’interminabile sequenza di foto di ‘amici’ e ‘amiche’ di Facebook ritratti in pose da duri o da pupe sexy spesso oltre il limite della decenza.

Io mi infervoravo subito perché mi dispiacevo di sentire quanto fosse attratta e anche soggiogata da queste dimensioni vacue in cui vale di più chi si mette in mostra e osa superare i limiti. Così la interrogavo per capire cosa ne pensava e come si sentiva quando guardava o ascoltava i suoi coetanei, Monica faceva fatica a descrivere i suoi pensieri perché aveva un linguaggio scarno e poco articolato, allora cercavo di dare voce ai suoi pensieri con lunghi spiegoni nel tentativo di trovare le parole che lei non riusciva a esprimere. Più volte mi sono chiesta se non fossi troppo prevalente ma lei mi ascoltava attenta, credo che all’inizio fosse stranita dall’impegno che mettevo per cercare di capire il suo mondo poi forse era anche compiaciuta delle energie e del tempo che le dedicavo.

Comunque tutto questo tempo condiviso se da un lato è stato faticoso e laborioso per entrambe, dall’altro credo che abbia riparato, nutrito e rassicurato la sua anima sola e addolorata dalle vicende familiari.

Monica non ha mai interrotto le relazioni con la sua famiglia, i rapporti con i genitori hanno avuto momenti altalenanti con diversi periodi di tensione in cui faceva fatica a vederli perché non sopportava la loro incapacità di comprenderla e accettarla. Tutto invece era più sereno con gli zii che sono stati un grande sostegno per lei, l’affetto che le hanno sempre dimostrato è stato un importante supporto che le ha consentito di reggere le fatiche della distanza con i genitori.

Nella vita di Monica ora c’è Sandro, un ragazzo carino e gentile che si è legato a lei con progressivo affetto e attenzione, una persona che le vuole bene e la rispetta, con cui Monica ha costruito un legame positivo e sereno che dura da più di un anno, un importante progresso e una base da cui lei proietta pensieri e desideri per il suo futuro.

Ogni tanto ci capita di ripercorrere il tempo che abbiamo trascorso insieme e Monica si stupisce quando le racconto come era, come girava da una stazione all’altra per incontrare ragazzi non sempre benevoli nei suoi confronti. Sembra che abbia perso completamente la memoria dei giorni in cui le ripetevo con insistenza che doveva stare tranquilla e fare le cose che le interessavano senza rincorrere chiunque le dimostrasse un po’ di attenzione. Adesso lei è più tranquilla ed ha relazioni più stabili, ma soprattutto è più serena e capace di scegliere cosa vuole e cosa la fa stare bene, il nostro rapporto prosegue sempre con tante chiacchiere ma per fortuna con meno spiegoni, facciamo sempre tante discussioni che, si sa, sono fisiologiche a questa età.

Il legame che abbiamo creato si basa sulla fiducia e il rispetto reciproco delle idee così come dei nostri spazi; le nostre stanze sono aperte ma siamo vicendevolmente discrete e attente a non superare la soglia quando vogliamo starcene in pace.

I nostri interessi non coincidono quasi mai, ma riusciamo a lasciare spazio alle nostre diversità senza drammatizzare o pretendere uniformità. Abbiamo per esempio gusti alimentari assai diversi, io non mangio carne e amo i cibi semplici, lei adora il ragù e mette il ketchup dappertutto, cucino quindi menù differenti che però mangiamo insieme sedute allo stesso tavolo. Sul cinema invece abbiamo abbandonato l’impresa… non ci sono film che piacciono ad entrambe, usiamo televisori separati e al cinema andiamo con altre compagnie.

All’inizio della nostra convivenza abbiamo deciso che ci saremmo presentate alle persone che non ci conoscevano come zia e nipote e questo è il sentimento che più ci corrisponde; a volte siamo anche un po’ amiche quando ci viene da ridere per niente come due stupide oppure quando ci prendiamo in giro per le piccole manie o i difettucci che entrambe abbiamo.

Un giorno ho spiegato a Monica che avevo deciso di accoglierla perché pensavo di poterla aiutare a stare meglio e crescere serena, lei si è affidata e ha capito che aveva un’opportunità per percorrere una buona strada, la sua, interiore, che le ha dato il coraggio di lasciare la sua famiglia e di appoggiarsi a me per ritrovare se stessa e fare ordine nella confusione emotiva che portava con sé.

Penso di averle dato una mano offrendole un luogo e una dimensione dove conoscere il piacere che il rispetto e la fiducia possono dare nelle relazioni. Lei ha saputo fare chiarezza dentro di sé ed ha imparato che la libertà di scegliere è un valore importante che deve basarsi sulla correttezza ed il rispetto dell’altro e che nei rapporti interpersonali il conflitto o la mancanza di coerenza non sono sempre avvenimenti negativi o mortiferi.

Negli ultimi tempi mi sono scoperta davvero orgogliosa di lei perché vedo che è cresciuta ed è più serena, spesso sono i commenti degli amici o dei miei familiari che mi fanno notare quante evoluzioni ha avuto Monica; è più carina e curata, mangia molti più cibi e verdure di quando è arrivata, sbaglia ancora alcuni verbi ma si esprime con maggiore proprietà di linguaggio, ha un carattere deciso e a volte è un po’ testona ma è anche molto socievole, fiduciosa e collaborativa.

Quando volgo lo sguardo indietro e rivedo quello che abbiamo vissuto e le fatiche che abbiamo affrontato, ogni volta mi confermo che è valsa la pena di aver accolto Monica e di essermi impegnata per aiutarla a stare meglio. E’ stato ed è tuttora un lavoro di grande soddisfazione e mi sento ripagata delle stanchezze vissute in alcuni giorni.

Questo percorso è stato costantemente affiancato dalla mia tutor Rita, che mi ha aiutato a comprendere e sostenere le situazioni e le numerose variabili che si sono presentate nel rapporto con Monica.

La sua competenza e disponibilità mi hanno permesso di analizzare e capire quello che succedeva, in particolare nel primo anno in cui Monica aveva molti comportamenti a rischio. Con lei abbiamo delineato il progetto educativo e definito le strategie più adeguate per affrontare le situazioni o i problemi che emergevano. Rita è stata la mia rete di sicurezza quando ho affrontato momenti fortemente conflittuali con Monica; stabilire le regole della casa era facile, difficile concordarle con lei ed essere risoluta quando cercava di aggirarle, è stato cruciale tenere la barra senza arrivare a scontri troppo diretti o inflessibili e Rita è il mio mentore e nume ispiratore. Spesso ha accolto i miei sfoghi o le arrabbiature, offrendomi una chiave di lettura delle situazioni che mi ha aiutato ad essere paziente e fiduciosa, a credere che il tempo e la costanza avrebbero portato buoni frutti.

Altrettanto importante è stato lo scambio mensile con le altre famiglie affidatarie, raccontare le mie vicende ed ascoltare le loro mi fa sentire parte di un bel progetto di civiltà. Condividere con loro lacrime e sangue, passione e successi è un eccezionale supporto che mi fa confermare ogni volta che ne vale davvero la pena di continuare a stare in questo programma e che sarò ancora disponibile per altre esperienze quando Monica non avrà più bisogno del mio aiuto.

Tra pochi mesi diventerà maggiorenne ed abbiamo deciso che vogliamo continuare a vivere insieme. Io sento che il legame che abbiamo costruito è ormai forte e piacevole e voglio garantirle di stare in questa casa al sicuro e tranquilla fino a quando sarà pronta per farcela da sola. Lei ha scritto una lettera al giudice per chiedere di proseguire in questo progetto sotto la tutela del servizio sociale; una sera me l’ha fatta leggere e mi sono commossa perché racconta la sofferenza che ha vissuto nel distacco dalla sua famiglia, ma anche la rinascita ad una nuova vita nella quale si sente protetta e sostenuta. Conclude il suo scritto dicendo che con me sta bene e che ha tanta voglia ha di andare avanti e diventare autonoma.

C’è quindi ancora del tempo davanti a noi e qualunque cosa accadrà una cosa è certa, ormai io e lei siamo parenti!

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